In seguito all’adozione del Protocollo di sicurezza del 24 aprile 2020, firmato dal Governo e dalle Parti sociali, le imprese italiane si sono ritrovate a dover sostenere ingenti spese per l’adozione di tutte le misure di protezione necessarie a prevenire e rallentare il contagio da Covid-19 sui luoghi e negli ambienti di lavoro.
In particolare, nel mondo degli appalti pubblici, un ruolo fondamentale è assunto dai costi e dagli oneri aziendali della sicurezza, identificati contrattualmente. Dopo lo scoppio della pandemia da SARS-Cov-2, tali costi hanno subito un notevole incremento dovuto all’acquisto da parte delle imprese di dispositivi e strumenti di protezione individuale (come mascherine, occhiali protettivi, guanti e tute monouso, visiere, etc.) e di prodotti di sanificazione come gel igienizzanti e spray sanificanti. Ma non solo: a questi costi si vanno anche a sommare quelli derivanti dalla minore produttività dei cantieri, dovuta alla rimodulazione delle modalità lavorative che includono processi di pulizia e sanificazione periodica di ambienti e strumenti di lavoro, da includere negli orari di lavoro dei dipendenti.
Queste spese vanno ad aggravare una situazione economica già difficile a causa del prolungato stop delle realtà economiche dovuto al lockdown di marzo e aprile. Molte imprese in difficoltà si chiedono se il Bonus Sanificazione previsto dal Decreto Cura Italia basterà a sostenere le imprese nel fronteggiare le spese extra dovute alla diffusione del Covid-19.
La situazione si fa ulteriormente critica in riferimento agli appalti pubblici, in quanto le voci di costo indicate nel Bando coprono solo una piccola parte degli oneri che le imprese devono sostenere per la corretta adozione ed implementazione di piani anti-contagio nei cantieri. Dalla comparazione delle indicazioni degli Allegati 6 e 7 del DPCM del 26 aprile 2020 con l’Allegato XV del D.Lgs. n. 81/2008, infatti, mancano all’appello numerosi oneri e costi che le imprese devono sostenere, tra cui quelli per i box di ingresso in cantiere per la rilevazione della temperatura, i box ad uso infermeria/presidio sanitario, i box relativi ai servizi igienici dedicati ai visitatori esterni, gli oneri derivanti dall’introduzione della segnaletica di sicurezza e dei dépliant informativi, gli oneri relativi alla sicurezza di visitatori esterni e molti altri, come il maggior numero di mezzi necessari per recarsi sul posto di lavoro o i maggiori costi per le trasferte.
I nuovi contratti di appalto, stipulati dopo l’inizio della ripartenza, potranno e dovranno tenere conto dei maggiori costi sostenuti dagli operatori economici per la tutela e la protezione dei dipendenti. Il problema principale è quindi legato ai contratti già in essere: la riapertura dei cantieri avvenuta il 4 maggio, ha infatti comportato la ripresa di lavorazioni oggetto di contratti stipulati prima dell’inizio dell’emergenza Coronavirus ed interrotti a causa dell’inizio del lockdown. I costi e gli oneri aziendali della sicurezza quantificati in tali contratti non tengono conto delle nuove modalità di operare nei cantieri, ora completamente differenti rispetto a qualche mese fa e molto più onerose, che vanno quindi ad impattare direttamente sulle imprese. Senza contare che il lockdown forzato a cui sono state sottoposte le imprese potrebbe non garantire l’ultimazione dei lavori nel rispetto delle tempistiche stabilite contrattualmente.
Chi deve sostenere i costi di questa emergenza? Si tratta di una domanda di non facile risposta, ma occorre senz’altro stabilire al più presto come ripartire la maggiorazione dei costi dovuta alle norme anti-Coronavirus, onde evitare che le spese gravino totalmente sulle imprese già in difficoltà, che potrebbero trovarsi anche a dover risolvere i contratti di appalto per onerosità sopravvenuta, con conseguente contenzioso e blocco definitivo del cantiere.
Una possibile soluzione per stazioni appaltanti e operatori economici, al fine di evitare situazioni di conflitto, potrebbe essere quella della concorde rivisitazione delle originarie condizioni contrattuali. Nello specifico, è necessario che le parti, nell’ottica di un comune senso di responsabilità, provvedano ad una serie di azioni finalizzate a considerare i cambiamenti avvenuti a causa dell’emergenza Coronavirus. Queste misure includono:
- Aggiornamento del PSC (Piano di Sicurezza e Coordinamento) relativo all’opera di appalto da parte del Coordinatore per la sicurezza nei luoghi di lavoro e stima dei maggiori oneri e costi della sicurezza, come previsto dall’Allegato 7 del DPCM del 26 Aprile 2020;
- Redazione di un verbale di concordamento dei nuovi prezzi e applicazione di meccanismi compensativi per l’incremento del costo delle materie prime;
- Riduzione del tempo e/o dell’importo di emissione del SAL (Stato Avanzamento Lavori);
- Riduzione dei termini di pagamento per dare maggiore liquidità alle imprese in difficoltà;
- Proroga del termine di ultimazione dei lavori, che tenga conto dello stop forzato dovuto al lockdown.
In tutto ciò appare fondamentale la necessità di un intervento normativo che stabilisca una ripartizione dei costi adeguata tra stazioni appaltanti e operatori economici, nonché l’istituzione di un Fondo cantieri dal quale le amministrazioni pubbliche potranno attingere per erogare le somme spettanti alle imprese in tempi quanto più rapidi.