In materia di contrasto alla corruzione, il Governo ha introdotto la legge n.179 del 30 novembre 2017 per disciplinare ed incrementare le tutele nei confronti dei soggetti che effettuano la segnalazione di illeciti o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro, pubblico o privato.
La figura del cosiddetto “whistleblower” si rivela fondamentale per un più efficace contrasto dei fenomeni corruttivi, operando all’interno della stessa organizzazione. Tuttavia, è evidente come tale soggetto, con la sua segnalazione, si esponga a possibili ritorsioni da parte del datore di lavoro.
Da qui, la legge n.179 del 30 novembre 2017, che sostituisce integralmente la normativa precedente e mira ad assicurare una più efficace tutela del soggetto che segnala l’illecito, estendendone le garanzie anche verso il rapporto di lavoro privato, seppur in termini e con modalità differenti.
Il nuovo testo recepisce le indicazioni riportate nelle linee guida fornite dall’ANAC che aveva sollecitato un nuovo intervento del legislatore definendo le misure esistenti insufficienti per una reale tutela del segnalante.
Il rapporto di lavoro pubblico
Con la legge n.179 del 30 novembre 2017 viene stabilito a tutela del segnalante il divieto di qualsiasi provvedimento dal quale possano derivare direttamente o indirettamente effetti negativi sul rapporto e sulle condizioni di lavoro (quali licenziamento, trasferimento, demansionamento, applicazione di sanzioni, etc.), determinandone la nullità, nonché la reintegrazione del lavoratore eventualmente licenziato a motivo della segnalazione. La tutela è estesa anche ai dipendenti degli enti sottoposti a controllo pubblico, nonché ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici della pubblica amministrazione.
A rafforzamento della tutela accordata al “whistleblower”, è anche previsto che spetti all’amministrazione dimostrare che la misura eventualmente adottata nei confronti del segnalante è stata motivata da ragioni estranee alla segnalazione. Inoltre, le misure di tutela non sono valide nel caso sia accertata una responsabilità penale del segnalante per calunnia o diffamazione, nonché civile per dolo o colpa grave.
La legge disciplina anche le modalità con cui effettuare la segnalazione, garantendo l’anonimato dell’identità del segnalante. La segnalazione può essere inviata all’ANAC, al Responsabile prevenzione della corruzione e all’Autorità Giudiziaria ordinaria e contabile e deve essere effettuata in modalità informatica con il ricorso a strumenti di crittografia, come indicato nelle apposite istruzioni operative dell’ANAC.
Tra le varie modalità si evidenzia anche l’applicazione informatica “Whistleblowing” sul sito dell’ANAC, che permette al segnalante di inviare la propria segnalazione in maniera più celere e di restare nell’anonimato, nonché di poter seguire eventuali sviluppi futuri della vicenda, nel caso l’ente ritenga la segnalazione fondata e prosegua con le indagini.
L’ANAC ha inoltre previsto sanzioni da €10.000 a €50.000 qualora venga accertata l’assenza o la non conformità delle procedure di inoltro e gestione delle segnalazioni, nonché per la mancata verifica da parte del Responsabile della prevenzione della corruzione delle eventuali segnalazioni ricevute.